L’evoluzione della tecnologia LED ha influenzato il mercato e l’offerta dei prodotti per l'illuminazione, prendendo progressivamente il posto delle tecnologie tradizionali e, contemporaneamente, aprendo la strada a nuove possibilità di costruzione e di combinazioni. La diffusione di nuovi prodotti, però, richiede ai professionisti uno sforzo aggiuntivo non solo per la loro progettazione, ma anche per gli enti normatori che si trovano ad affrontare problematiche o fenomeni che in passato, pur essendo noti, non necessitavano di particolari considerazioni.
Di seguito riportiamo il contributo - riportato sul sito
ceimagazine.ceinorme.it - di Luca Moscatello, Presidente CEI/CT 34, e di Franco Rusnati, Segretario CEI/CT 34 in merito due dei fenomeni che richiedono studi e nuove considerazioni: il flicker e l'“effetto stroboscopico”.
Flicker ed effetto stroboscopico. Con l’avvento della tecnologia LED, nuove possibilità di regolazione della luce hanno portato anche ad ulteriori considerazioni sulla qualità della luce emessa. Studi particolari sono stati condotti sul fenomeno flicker ed “effetto stroboscopico”, ovvero sulla percezione della luce come stabile in varie condizioni.
In realtà questi due fenomeni erano già noti con le sorgenti tradizionali, ma venivano misurati e valutati solo in situazioni particolari. La tecnologia di produzione della luce non permetteva, se non in alcuni casi, di poter arginare il fenomeno, pertanto le scelte possibili di soluzione al problema erano limitate dalla tecnologia stessa.
Con l’avvento dei LED, che permettono innumerevoli possibilità di regolazione, sono stati analizzati in dettaglio questi fenomeni. Il LED è infatti un semiconduttore che, se percorso da corrente, emette luce; se invece la corrente si interrompe, esso cessa istantaneamente di produrre luce. Non ha di massima inerzia (né termica né ottica) e quindi la forma d’onda della luce emessa è direttamente proporzionale alla forma d’onda della corrente con cui viene alimentato. Inoltre l’inserimento di lampade di nuova tecnologia in impianti o prodotti progettati per le tecnologie tradizionali (es. combinazione di dimmer o alimentatori tradizionali con lampade LED) ha reso questi fenomeni una problematica comune. Per questo motivo sono stati condotti importanti studi che hanno poi portato alla definizione di alcune proposte di documenti normativi.
Flicker. Il fenomeno flicker (sfarfallio) è definito come la percezione di instabilità visiva indotta da uno stimolo luminoso la cui luminanza, o distribuzione spettrale, fluttua nel tempo, per un osservatore statico in un ambiente statico (pubblicazione CIE TN 006:2016). Tale fenomeno si manifesta quindi quando, in condizioni statiche, percepiamo che la luce non rimane costante nel tempo e tende a tremare o a sfarfallare. Una sorgente di luce tipica in cui questo fenomeno è ben visibile è rappresentata dalla fiamma di una candela. Ogni piccolo movimento d’aria tende a spostare la fiamma e a cambiare intensità e direzionalità della luce generando luce sfarfallante o instabile.
Il fenomeno è limitato alla sensibilità dell’occhio umano che, secondo gli studi e gli esperimenti fatti, ha una sensibilità dipendente dalla frequenza della modulazione della luce. Possiamo ben percepire il fenomeno flicker a 10 Hz (massima sensibilità), mentre man mano che la frequenza aumenta diventa sempre meno percepibile fino ad un valore di frequenza intorno agli 80 Hz. Oltre queste frequenze il fenomeno non è più percepito e questo spiega anche perché lo sfarfallio delle lampade ad incandescenza o a scarica non è normalmente visibile. Gli stessi ingegneri illuminotecnici sono relativamente indifferenti agli effetti del flicker impercettibile.
Misurazione del fenomeno. Nel tentativo di misurare il fenomeno sono stati definiti due parametri per la valutazione dell’effetto flicker: il percent flicker e il flicker index. La figura1 mostra come vengono definiti tali parametri.
Il percent flicker e il flicker index sono funzioni rispettivamente dei valori massimi e minimi che assume la forma d’onda di luce nel periodo di tempo osservato e delle due aree sottese dalla forma d’onda di luce, misurate rispetto al suo valor medio. Il flicker index assume valori compresi tra 0 e 1, dove 0 indica un’emissione luminosa costante. I valori più elevati indicano una maggiore possibilità di sfarfallio visibile.
Come si può notare nella figura 2, la forma d’onda della luce emessa e il duty cycle, incidono fortemente sul valore del flicker index. A parità di frequenza e ampiezza, una forma d’onda sinusoidale ha un flicker index più basso di una forma d’onda rettangolare in quanto la prima è più smussata.
Confronto poi i flicker index di diverse tipologie di lampade, si può osservare che se il LED viene alimentato a corrente costante con un ottimo regolatore (a bassissima distorsione di corrente), il flicker index è molto basso, ma laddove venisse pilotato in modo non adeguato, può diventare una delle sorgenti con maggior effetto flicker.
Il flicker index e il percent flicker, pur essendo parametri misurabili e confrontabili, non permettono, da soli, di valutare la visibilità del fenomeno in quanto non tengono in considerazione la frequenza. È stato quindi necessario ricercare differenti metriche di misura.
La visibilità del fenomeno flicker era già stato oggetto di studi e di valutazioni nel passato ai fini della conformità alla compatibilità elettromagnetica. È stato quindi possibile riprendere questi studi e renderli applicabili anche ai nuovi prodotti. Ogni carico elettrico è alimentato da una linea che, a sua volta, è caratterizzata da una sua impedenza di linea che dipende dalla lunghezza, dalla sezione dei conduttori e dalla tipologia di conduttore. Quando il carico assorbe corrente dalla rete di distribuzione elettrica, si viene a creare una caduta di tensione sulla linea che tende a ridurre il valore di tensione che arriva al carico stesso. È possibile vedere una riduzione della luce emessa dalle lampade dell’impianto quando la lavatrice o il ferro da stiro inseriscono la resistenza di riscaldamento. Questo fenomeno ovviamente non è fastidioso se avviene sporadicamente, ma lo diventa se l’inserimento e il disinserimento del carico avviene parecchie volte al secondo. Il nostro occhio percepirebbe un fastidio.
Per evitare la diffusione del fenomeno erano stati fatti studi sulla percezione del flicker su una lampada ad incandescenza da 60 W. Era stato richiesto a dei volontari di indicare in quali condizioni riuscivano a percepire una luce non costante emessa dalla lampada quando essa era alimentata in diverse condizioni. Era stato quindi possibile stabilire anzitutto la curva di sensibilità alle varie frequenze e soprattutto i limiti di variazione di tensione nell’impianto che generavano la visibilità del fenomeno (si veda la Norma CEI EN 61000-4-15). Questi limiti di variazione di tensione sono stati presi come riferimento per la norma di emissione dei flicker CEI EN 61000-3-3 alla quale tutti i prodotti elettrici collegati alla rete devono essere conformi ai fini della Direttiva EMC. Si può quindi affermare che se un prodotto è conforme alla norma sopra citata, nelle lampade non si produrranno fenomeni flicker visibili ad occhio nudo.
Si è ritenuto possibile utilizzare lo stesso modello di calcolo e di valutazione, ovvero lo stesso flickermeter, anche per la valutazione delle nuove sorgenti luminose (es. LED). In passato questo non era necessario in quanto tutte le lampade si comportavano allo stesso modo ma, con l’avvento dei LED, questo fenomeno è diventato una priorità. Come si è detto, il ripple generato dagli alimentatori elettronici (nella conversione AC – DC), certe tipologie di modulazione del flusso luminoso (ad esempio l’uso della tecnica PWM) o l’utilizzo dei LED in accoppiamento con dimmer tradizionali (che fanno uso di triac) può determinare un incremento dell’effetto flicker.
Con la stessa strumentazione utilizzata per misurare l’effetto flicker dei prodotti elettrici, è quindi possibile analizzare e misurare la variazione di luce emessa nel tempo da una sorgente di luce e confrontare la misura ottenuta con la curva di risposta di una lampada da 60 W ad incandescenza con la quale era stata determinata la visibilità o meno del fenomeno.
Norma IEC/TR 61547-1. Questo sistema di valutazione è contenuto nella Norma IEC/TR 61547-1 che è in fase di revisione proprio per permettere di fare una valutazione sull’effetto flicker delle singole sorgenti, anche senza l’applicazione dei disturbi in tensione previsti come limite dalla Norma CEI EN 61000-3-3. Con questa revisione sarà anche possibile valutare la combinazione tra dimmer e lampada e verificarne la compatibilità (limitatamente al fenomeno flicker).
Questo documento non contiene limiti, ma permette di calcolare un parametro indicato come Pst (short-term flicker indicator = indicatore di flicker nel breve periodo) ed in particolare il valore di PstLM (flicker misurato con il light flickermeter).
Si osservi ad esempio la figura 3 dove viene messo a confronto il valore di Pst di una lampada ad incandescenza, pari a 1, di una lampada fluorescente compatta da 9 W e di una lampada LED da 7 W con alimentatore integrato, in funzione della frequenza di oscillazione della tensione di alimentazione.
Se questo valore è superiore a 1 significa che il comportamento della lampada in prova è peggiore di quello relativo alla lampada da 60 W ad incandescenza e quindi il flicker è tendenzialmente visibile. Se invece il valore è inferiore a 1 significa che la lampada in prova ha un comportamento migliore di una lampada da 60 W ad incandescenza e quindi il fenomeno non è visibile ad occhio nudo.
Effetto stroboscopico. Contrariamente all’effetto flicker, dove la valutazione viene fatta in condizioni statiche (sia per l’osservatore che per la sorgente di luce) l’effetto stroboscopico si manifesta, ed è visibile, quando si hanno parti in movimento.
L’effetto stroboscopico è infatti definito come il cambiamento nella percezione del movimento di un oggetto, indotto da uno stimolo luminoso, la luminanza o la distribuzione spettrale del quale, appare fluttuare nel tempo per un osservatore statico in un ambiente non statico (pubblicazione CIE TN 006: 2016).
Fino a qualche anno fa non esistevano studi recenti sul fenomeno anche perché è solo con i LED che il fenomeno ha assunto un’importanza rilevante. Come indicato precedentemente, i LED sono infatti in grado di spegnersi e riaccendersi per un numero elevato di volte al secondo (dipendente dal modo in cui sono alimentati), cosa che non si verifica quasi mai per le sorgenti di illuminazione tradizionali.
Percezione del fenomeno. Studi fatti in CIE (Commission Internationale de l’Éclairage) hanno permesso di valutare il fenomeno e di stabilirne una metrica (si veda la pubblicazione CIE TN 006: 2016). Anche in questo caso è stata valutata la sensibilità dell’occhio umano al fenomeno e la sua percezione.
Il fenomeno è visibile a frequenze superiori a 80 Hz (altrimenti è visibile anche in condizioni statiche come il flicker) e si manifesta fino a 2 kHz. Per la valutazione della percezione sono stati presi a riferimento ambienti con buona illuminazione e in cui la velocità di movimento è normalmente limitata a 4 m/s, tipicamente un ufficio o una scuola.
Anche in questo caso è in elaborazione un progetto di Technical Report IEC in cui sono indicate modalità e condizioni di misura. Attraverso l’applicazione della metrica stabilita dal documento IEC, è possibile determinare il parametro SVM (stroboscopic effect visibility measure = misura della visibilità dell’effetto stroboscopico).
Anche in questo caso, se il valore SVM è inferiore a 1, il fenomeno non è percepibile, mentre se il valore è superiore a 1 il fenomeno è normalmente percepibile. Se il valore SVM è uguale ad 1, il fenomeno potrebbe essere visibile dal 50% degli osservatori.
Si evidenzia però che questo fenomeno assume un valore tipico per ogni sorgente di luce, ma in un impianto in cui sono presenti più sorgenti di luce che contribuiscono contemporaneamente ad illuminare l’ambiente stesso, il fenomeno viene mitigato. Le frequenze di variazione di luce sono normalmente non sincronizzate tra loro in quanto legate al clock interno di ciascun alimentatore e possono non dipendere direttamente dalla frequenza di rete. Questo determina una sovrapposizione dei fenomeni che di fatto tendono a ridursi o ad annullarsi a vicenda.
Ulteriori sviluppi. Come indicato nei paragrafi precedenti, le valutazioni sono sempre fatte in base alla visibilità dei fenomeni e in base alla sensibilità dell’occhio umano. Sempre di più, nel mondo moderno, si stanno utilizzando mezzi di ripresa audiovisivi che funzionano anch’essi con differenti tecnologie. Se le frequenze di campionamento della videocamera sono prossime alla frequenza di variazione della luce della sorgente, si può assistere a fenomeni in cui la ripresa mostra variazioni di luce, nel senso che parti dell’immagine appaiono chiare e parti scure. In questo caso il fenomeno si manifesta fino a 50 kHz ed è di particolare rilevanza per le riprese sportive, specialmente con la nuova tecnologia slow motion. Non sono ancora in elaborazione norme e/o metriche per calcolare il fenomeno, sono solo presenti raccomandazioni da parte dei principali operatori televisivi che permettono di tenerlo arginato (o invisibile). È presumibile che questa sarà una nuova frontiera di studi e di normativa per il futuro.