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Crisi ucraina e caro energia, quale impatto sul settore energetico?

21/04/2022

L’attuale situazione del comparto energetico sta vivendo momenti molto delicati e complessi. Gli sconvolgimenti dovuti agli effetti della pandemia, uniti alla necessità, da parte dell’Europa e del resto del mondo, di perseguire gli obiettivi di azzeramento delle emissioni, hanno generato una forte richiesta di materie prime non fossili destinate alla produzione energetica. Questi eventi, cui recentemente si è aggiunta la crisi legata agli avvenimenti in Ucraina, hanno prodotto un repentino e significativo innalzamento del prezzo del gas, causando, in particolar modo nel panorama industriale, un vero e proprio sconquasso. Attualmente l’intera industria sta attraversando un periodo estremamente difficile poiché il fattore “caro energia”, peraltro impossibile da prevedere, sta avendo un impatto fortissimo sui costi produttivi.

Riguardo gli scenari attuali e futuri del settore energetico, abbiamo incontrato Alessandro Manfredini, Direttore Group Security & Cyber Defence del Gruppo A2A, che, attraverso l’analisi della situazione odierna e degli impatti conseguenti, ha considerato tutti i provvedimenti che potrebbero essere presi per mitigare gli effetti globali dovuti all’impennata dei costi energetici. Manfredini, inoltre, ha elencato diversi fattori che potrebbero rivelarsi determinanti per trasformare in modo radicale i vecchi paradigmi della produzione energetica in favore di un nuovo approccio molto più sostenibile.

 

L’innalzamento del costo dell’energia è una realtà che toccherà la vita di tutti i giorni. Questo scenario ricorda molto le crisi energetiche che hanno caratterizzato gli anni ’70 del secolo scorso, pertanto si profila all’orizzonte uno sforzo immenso per tutti. Secondo Lei, negli anni a venire potrebbe esserci anche qualcosa di positivo?

«Se analizziamo gli effetti delle crisi energetiche degli anni ’70 possiamo ricordare i risultati nefasti, ma anche le conseguenze positive, come quella di aver maturato la coscienza e la competenza di saper progettare vetture dai consumi significativamente più bassi, cosa impensabile fino al decennio precedente. Anche in questa situazione, posso rispondere che vedo qualcosa di positivo! Le risorse eoliche, quelle solari e idriche non sono certo una novità, ma sono sicuro che porteranno senz’altro dei benefici. Un fatto è certo: dobbiamo affrancarci dall’energia prodotta dalle fonti fossili e dovremo per forza di cose andare a incrementare in modo massivo lo sfruttamento di quelle che sono le risorse rinnovabili. Oggi dobbiamo confrontarci con l’innalzamento del costo dell’energia perché la produzione di energia elettrica è ancora fortemente influenzata dal prezzo della materia prima, che è il gas. La soluzione per il prossimo futuro sarà quella di affrontare una transizione ecologica che ci consenta di passare dai tradizionali metodi di produzione di energia elettrica a quelli provenienti da fonti rinnovabili».

 

Spieghiamo in breve come funziona il mercato dell’energia in Italia?

«Nel nostro Paese abbiamo un capacity market che mette a disposizione tutti i produttori attraverso un’asta bandita quotidianamente. Questo significa che esiste la possibilità di produrre energia da parte di qualsiasi player, a un determinato costo. Va da sé che nel momento in cui i produttori devono approvvigionarsi di gas – per produrre in relazione ai fabbisogni indicati dal Transmission System Operator (TSO) Terna, responsabile della pianificazione degli interventi di sviluppo della Rete Elettrica Nazionale – il prezzo iniziale dell’energia è molto alto perché allineato col costo dell’approvvigionamento della materia prima, il gas per l’appunto. Successivamente, nel corso delle varie battiture d’asta, nel momento in cui si passa alle altre fonti rinnovabili, il prezzo medio si abbassa logicamente grazie al fatto che vi è l’esistenza di altre capacità nel poter erogare energia elettrica prodotta in modo complementare all’uso del gas. Però, poiché il gas ha un costo significativamente alto, si riesce soltanto in minima parte a far diminuire la curva del costo di acquisto della materia prima».

 

…E il nucleare?

«Per quanto riguarda il nucleare, cosa possiamo dire… Al di là del fatto che la sovranità popolare si è già espressa molto tempo fa, il nostro Paese – a differenza della Francia, ad esempio – ha un vantaggio competitivo perché può contare più di altri su sole, vento e acqua per la produzione di energia elettrica. Ad oggi, quindi, concentrerei gli investimenti sullo sviluppo delle rinnovabili più che sul nucleare».

 

Gli eventi del 2020 hanno stravolto e ridisegnato completamente l’ambito industriale. Come potrebbero muoversi le aziende per cercare di mitigare le conseguenze?

«È ovvio che l’elevato costo dell’energia ha e avrà, purtroppo, un forte impatto su tutte le industrie e, in particolar modo, verso quelle più energivore. Per mitigare gli effetti del “caro energia” non esistono soltanto una, due o tre soluzioni, bensì vi è tutta una serie di accorgimenti che dovranno essere combinati assieme e in una sequenza ragionata. Come detto, i produttori di energia dovranno investire creando nuove infrastrutture che possano produrre da fonti rinnovabili, ma allo stesso tempo le aziende utilizzatrici dovranno intraprendere un programma di efficientamento energetico. Quest’ultimo è senz’altro un aspetto che può avere un impatto positivo e che grazie alla tecnologia di ultima generazione rende possibile il consumo “smart” dell’energia, limitandone gli sprechi. È un tema molto importante quello tecnologico che, attraverso il rilevamento e la sensoristica di ultima generazione combinate con l’IoT, permetterà lo sviluppo di “smart grid”, in grado di ripartire in modo ottimizzato la fornitura energetica, andando a bilanciare con intelligenza tecnologica i consumi fra alta e bassa domanda».

 

Parlando di costi energetici non possiamo non parlare del forte impatto che subirà anche il comparto informatico, ultimamente sempre più energivoro. Ciò significa che la digitalizzazione dell’industria potrebbe avere un significativo rallentamento o anche una battuta di arresto? 

«È logico che il costo energetico sarà di forte impatto anche nell’ambito della gestione dei dati, su questo non c’è dubbio. Fra l’altro, la digitalizzazione dell’industria richiede l’aumento del consumo di energia per tutte le nuove tecnologie come la trasmissione dati, le telecomunicazioni, la blockchain, le valute digitali, etc. A monte di tutta questa nuova tecnologia lavorano i data center che, per far fronte alla crescente domanda di gestione dati, diventano sempre più energivori. A questo punto mi riallaccio alla domanda precedente poiché, anche in questo ambito, l’efficientamento rappresenta uno dei provvedimenti primari da mettere in atto, anche se emerge un altro aspetto molto importante: l’autoproduzione e la cogenerazione. I Data Center, per mitigare la loro natura energivora, potrebbero iniziare ad essere molto più sostenibili, autoproducendo energia attraverso le fonti rinnovabili e non solo: iniziare a sfruttare anche le energie dissipate. Detto questo, vorrei ancora una volta sottolineare l’importanza del fatto che oggi non è più possibile affidarsi soltanto a una soluzione, occorre prendere in considerazione, oltre alle energie rinnovabili, anche tutta quella tipologia di energia che è derivata dalla trasformazione. Non soltanto cogenerazione: anche l’energy harvesting, che, seppur in misura minore, andrebbe comunque ad aggiungere ulteriore valore al recupero di tutte le energie perse: vibrazioni, movimento, calore delle superfici, e così via. Investendo nelle giuste tecnologie è possibile ricavare ulteriore energia andando a effettuare un cambiamento epocale degli attuali paradigmi produttivi e generando grandi benefici».

di Vanessa Luchini

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul numero 3 aprile 2022 della rivista Commercio Elettrico. Clicca qui per abbonarti.

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