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Dazi sui pannelli fotovoltaici cinesi

11/09/2013

La disputa sull’importazione di prodotti fotovoltaici dalla Cina sembra essere terminata con un accordo commerciale dopo settimane di tensioni e intense trattative. Una soluzione “amichevole”, come l’ha definita il Commissario UE al Commercio De Gucht, che dovrebbe tradursi in un nuovo equilibrio sul Mercato europeo dei pannelli fotovoltaici ad un livello di prezzo sostenibile.

Ma nonostante l’ottimismo non sono pochi i dubbi delle imprese europee. Ecco un commento di Giuseppe Sofia, Amministratore Delegato di Conergy Italia, sulla scelta corretta o meno dell’UE di imporre i dazi di importazione.

«Non è una questione semplice, tant’è che sul fronte antidumping – dazi sì, dazi no – si sono creati due fronti fortemente contrapposti anche tra gli stessi operatori europei del settore. Chi vede il fotovoltaico come scelta energetica sostenibile e necessaria vede con forte favore la diminuzione dei costi del fotovoltaico; non importa se questa risulti da aziende che vendono a margini estremamente bassi per qualsivoglia motivo o necessità. Grazie alla concorrenza asiatica, il fotovoltaico è arrivato ad un livello di costo che lo rende competitivo alle fonti tradizionali di produzione di energia. Il 2013 passerà credo alla storia come il primo anno in cui più del 50% dell’installato sarà fuori Europa e sarà realizzato anche in Paesi dove grandi centrali FV vengono installate in alternativa alle centrali a combustione (carbone o olio); questo non sarebbe possibile con l’impiego di panelli prodotti in Europa. Anche in Italia, sulla base dei costi precedenti all’avvento del caso antidumping, erano in corso di pianificazione grandi centrali multimegawatt finalizzate alla vendita di energia (senza beneficio di incentivi).

La perdita di competitività delle produzioni europee, e ancor più italiana, è dovuta a ragioni molto complesse quali il carico fiscale, il mancato supporto alle imprese da parte del governo, la difficoltà di accesso al credito, gli scarsi investimenti in ricerca, ecc.

Inserire dazi mi sembra una misura difensiva tipica dei mercati protezionistici e non aiuta allo sviluppo di eccellenze tecnologiche e produttive. In ambito tecnologico i cinesi non sono poi più quelli di una volta con prodotto povero, a basso prezzo e copiato. Stanno puntando moltissimo sul valore aggiunto e non credo sia attraverso i dazi che potremo salvare produzione italiana ed europea.

Da parte sua, l’Italia aveva già messo in campo una buona misura attraverso il bonus sul Made in EU. A dimostrazione, tuttavia, che le misure di protezionismo non sono la cura a tutti i mali, la produzione italiana non è riuscita a beneficiarne appieno ed ha sofferto la sua epoca peggiore proprio negli anni in cui la produzione europea era incentivata. Ora, per quanto riguarda il recente accordo sul prezzo minimo di 0,56 €/Wp del prodotto cinese e della quota massima di 7 GWp, è forse presto per prevedere dinamiche ed implicazioni; nessuno sembra essere contento, né i produttori europei, né quelli cinesi. Questo potrebbe essere di per sé un indizio che in effetti la misura sia equilibrata».

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